Per i motociclisti e gli scooteristi d’Italia non è un dato che merita sorpresa quello diffuso dalla Fondazione Ania: il nostro Paese in Europa è quello meno sicuro per le due ruote. Morto che parla: ll 25,9% dei decessi dovuti a incidente stradale coinvolgono una moto o uno scooter. Più di un morto su quattro sulla strada è un motociclista. Troppi i morti sulle due ruote, che confermano i dati diffusi lo scorso anno e di cui avevo già parlato.
Sconcertante è che un morto su quattro, tra le vittime delle strade a livello continentale, è sempre un motociclista italiano. Di fatto il 26,6% dei morti sull’asfalto europeo viaggia in Italia su due ruote. Nell’Unione Europea negli ultimi 13 anni c’è stata una flessione del 6%: cioè si è passati da 5.835 morti centauri del 1995 a 5.484 nel 2008. In Italia c’è stata un’impennata: da 1.187 del 1995 a 1.458 di oggi.
A cosa può essere dovuta questa vera e propria mattanza? Probabilmente anche ai numeri del mercato. L’Italia, complici la tradizione (e le grandi firme: dalla Ducati alla Piaggio) e il clima mite, ha un mercato motociclistico molto sviluppato. Ma non ci si può nascondere dietro un dito: le strade in molti casi sono da terzo mondo. Altro che problema dell’alcool e incoscienza di chi cavalca: lo Stato sogna il Ponte sullo Stretto di Messina e lascia migliaia di individui allo sbaraglio nella giungla d’asfalto.
La moto è bella e divertente, ma è pericolosa. Lo è ancora di più se non si rispettano le norme più elementari: il casco e il limite di velocità.
Lo sanno tutti (e non credo sia solo una leggenda urbana) che in Italia i motorini non rispettano i 45 km/orari, ma nessuno fa nulla. E, nel meridione d’Italia, girano tutti ancora senza casco.
Selezione naturale? Forse. Pero’ a me sta sulle balle dover pagare le terapie per imbecilli rimasti invalidi a causa della loro negligenza o della loro sistematica sfida al codice della strada.